Essere e gioco. Da Platone a Pele by Desiderio Giancristiano

Essere e gioco. Da Platone a Pele by Desiderio Giancristiano

autore:Desiderio, Giancristiano [Desiderio, Giancristiano]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Il limite del Fenomeno

Un aneddoto preso di peso da quella miniera di calcio, filosofia e vita che è il già citato libro di Valdano. Si parla della grandezza di Pelé «che se non fosse nato uomo, sarebbe nato pallone» (la frase piena di ammirazione e devozione è dello scrittore brasiliano Armando Nogueira). L’aneddoto. César Luis Menotti giocò un anno con la Perla nera nel Santos. Domanda di Valdano: «César, come si poteva marcare Pelé?». Risposta di Menotti: «Con il gesso, alla lavagna». Quale, per noi, il senso dell’aneddoto? Consideriamone due.

Il primo. Pelé era così grande che lo si poteva marcare solo in teoria, ma nella pratica del campo da gioco (l’unica cosa che conta sia in campo sia nella vita) era impossibile marcarlo. Pelé e il pallone erano una sola cosa. Tanto che ci vuole una battuta umoristica di Chico Anysio per rendere bene l’idea della complicità tra Pelé e il pallone: «Non ho mai raggiunto con mia moglie, l’intimità che Pelé ha raggiunto col pallone». Pelé è la personificazione e incarnazione del gioco del calcio. Pelé è il Gioco. Al suo cospetto ogni giocatore sente di essere piccolo piccolo. Sa di non essere bravo come lui, sa di non poter raggiungere mai quel livello, sa di non essere il gioco. Ma questa dotta ignoranza del giocatore è proprio ciò che fa giocatore il giocatore. Guardate il giocatore in campo con la palla tra i piedi o immaginatevi voi stessi in campo. Tu hai la palla tra i piedi e l’avversario di fronte. Che fai? Dai la palla? Provi a dribblare? Temporeggi? Retrocedi? Difendi la palla con il corpo? Farai ciò che farai ma ciò che farai lo farai in base a ciò che senti di poter fare e che sai fare e in base a ciò che sai di non poter fare e che non sai fare. Sei bravo di destro ma non di sinistro. Puoi andar via sulla destra ma lo spazio è poco. Dai via la palla ma solo per chiedere triangolo. Il sapere del giocatore dipende in tutto e per tutto dal suo non sapere, dal suo sapere di non sapere, dal sapere di non essere Pelé, dal sapere di non poter fare tutto. Il gioco del calciatore dipende dalla conoscenza del limite. La conoscenza del limite è ciò che dà forma e consistenza alla libertà dei mortali e ai giochi dei calciatori. Di tutti i giocatori. Soprattutto dei migliori. Ronaldo, ad esempio. «La prima volta che vidi giocare Ronaldo, passai tutta la partita a criticarlo invano. Si stringeva nelle spalle per decollare», ricorda Valdano, «e si lanciava nell’avventura solitaria di fronteggiare i difensori. Ogni volta che toccava il pallone lo allontanava parecchio, troppo, dai suoi piedi, e io, che come ogni spettatore giocavo la mia partita per interposta persona, puntualmente mi lamentavo: “Porca miseria, se l’è allungata troppo”». Invece no. La palla non finiva fuori, Ronaldo la raggiungeva, lui arrivava e il difensore no. Così, scavalcato anche il portiere, il gioco era fatto. Ronaldo, anche



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